Author: Simone Ceriello

  • Articolo n.6 – Buon compleanno D.M. 05/02/98

    Articolo n.6 – Buon compleanno D.M. 05/02/98

    Articolo n.6

    Buon compleanno Diemmecinquefebbraionovantotto!

    Tempo di lettura: circa 2 minuti

    Ricordo ancora il tuo primo vagito, la felicità del babbo Ventiduenovantasette. L’orgoglio del nonno Novecentoquindiciottantadue.

    Si aspettavano tante cose da te, uscito per riordinare quelle che venivano chiamate già allora con la connotazione corretta materie prime secondarie (bei tempi… sigh!), ti affacciavi al mondo rivolto a chi operava già nella produzione di beni. Eri dedicato al nobile scopo di sostituire le materie prime di un ciclo di produzione, rivolto al mercato di consumo. E invece la vita con te è stata dura. Ti ha fatto vedere da subito il suo lato oscuro ed opportunista.

    Ti ha usato a beneficio di chi voleva trovare scorciatoie per dedicarsi comodamente al mondo dei rifiuti. Hai ispirato quella che poi è diventato lo slogan del momento: procedure semplificate per il recupero dei rifiuti non pericolosi.

    Quante insidie dietro questo appellativo…

    Rimpiango ancora i giorni in cui ti facevi valere negli ambienti rinomati della Provincia introducendoti con solo tre fogli di presentazione e subito ti davano retta e ti concedevano quanto con l’ardore del giovane di buona società chiedevi. Tutti ti volevano, tutti ti beatificavano e facevi mordere d’invidia il tuo quasi coetaneo Articoloventotto (il papà di Duecentootto).

    Ma dopo otto anni i genitori ti hanno chiamato per una sorpresa…

    Rivolgendosi amorevolmente, ti hanno svelato che arrivava una sorellina, la chiameremo Centottantasei. Vedrai, giocherete insieme e ti aiuterà.

    Ma la vita, si sa, riserva sempre delle amare sorprese, soprattutto ai fratelli maggiori. Con Centottantasei all’inizio le cose andavano bene, si andava d’accordo. In verità ti ammiravano e tutti ti consideravano l’ometto di casa. Ma siccome stavi crescendo, le tue richieste non trovavano più il facile ed entusiastico accoglimento nella società. Cominciavano a richiederti sempre più prestazioni, e quello che ti faceva imbestialire era il manifesto sarcasmo di Articoloventotto che ti rideva dietro le spalle facendoti l’occhiolino dicendoti “te l’avevo detto, di semplificato nella vita non esiste nulla!”

    Crescendo sono maturate anche altre difficoltà. Malgrado la tua buona educazione, le brutte compagnie hanno insistito per percorrere la tua stessa strada spesso accompagnandoti. Il perfido Valutazioneimpattoambientale, la sinuosa Valutazionepaesaggistica, e con essi anche i loro animali da compagni Cippiì, Destinazioneurbanistica e Rumoreambientale.

    Ma la più grande delusione l’hai avuta proprio dai tuoi concittadini ed in particolare dal Sindaco Pianoregionale Gestionerifiuti. Lui ha proprio mancato di sensibilità, ma purtroppo cosa ti puoi aspettare, in fin dei conti è un politico, con la sua campagna Erredodici, di fatto, ti ha esautorato.

    Ma noi oggi vogliamo ricordare le belle cose passate con te, i bei momenti in cui si discuteva seppure in posizioni opposte con i funzionari Provinciali… Ahimè ai bei tempi prima del famoso Dissennatore Suap.

    Buon compleanno Diemmecinquefebbraionovantotto. Il tempo ti ricorderà come un Eroe.

    Pietro Succol

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  • Articolo n.5 – Le prime ripercussioni del Decreto 116/2020

    Articolo n.5 – Le prime ripercussioni del Decreto 116/2020

    Articolo n.5

    LE PRIME RIPERCUSSIONI DEL D.LGS. 116/2020

    Tempo di lettura: circa 3 minuti

    I nodi cominciano a venire al pettine…

    Cominciano a manifestarsi le prime ripercussioni provocate da una inesperta stesura del decreto 116/2020.

    Come previsto, la spinta nel far convergere i rifiuti speciali nell’ambito della gestione degli urbani, senza tenere conto delle conseguenze che questo avrebbe determinato per i soggetti trasportatori iscritti alle varie categorie dell’Albo Gestori Ambientali, ha costretto il Comitato Nazionale a emettere una proroga in attesa di far uscire dal cappello a cilindro una soluzione che sistemi le cose.

    MA IN SOSTANZA COSA È SUCCESSO?

    Con la revisione dell’art. 183 del testo unico ambientale, è stata tolta la facoltà ai Comuni di deliberare l’inclusione di rifiuti Speciali nel contesto degli Assimilati agli Urbani, sostituendo con il punto b-ter del comma 2, a tale criterio, una regola che trasmigra alcuni codici (presenti nell’allegato L-quater), prodotti in specifici contesti artigianali, di servizio, commerciali (specificati nell’allegato L-quinquies), nei rifiuti urbani.

    La differenza epocale che tale decisione ha prodotto sta nel fatto che fino al 31.12.2020, anche se assimilati agli urbani per qualità e quantità, tali rifiuti rimanevano per origine pur sempre speciali. Di conseguenza la gestione dei trasporti avveniva mediante le classiche categorie degli operatori in conto proprio (nei casi consentiti) o conto terzi tipiche dei rifiuti estranei a quelli domestici/urbani.

    Con la nuova disposizione cambiano radicalmente i presupposti. I rifiuti della lista riportata nell’allegato L-quater sono rifiuti urbani, pertanto decade la possibilità di veicolarli con le categorie di iscrizione all’Albo Gestori Ambientali non afferenti a tale tipologia (categoria 1).

    LE EFFETTIVE CONSEGUENZE

    Al di là che si tratti di una azione voluta o di una semplice leggerezza del legislatore, questo presupposto fa tremare un intero comparto di autotrasportatori che dal primo gennaio si sono visti preclusa la possibilità di operare, se non con le condizioni tipiche della raccolta dei rifiuti urbani (iscrizione in categoria 1).

    Tralasciando le conseguenze derivanti da uno stravolgimento del mercato a favore delle aziende municipalizzate, i privati, in particolare i piccoli padroncini con licenza conto terzi, potrebbero vedersi preclusa la possibilità di continuare la propria attività per mancanza dei requisiti fissati dalle specifiche delibere dell’Albo (n°5 del 3/11/2016 e n°8 del 12/09/2017).

    Ad esempio, qualora una ditta volesse essere iscritta contemporaneamente in cat 4F e 1F dovrà rispettare i rispettivi requisiti;

    • per la cat. 4F una portata utile complessiva di 0,5 ton (da soddisfare con 1 mezzo) e 1 addetto;
    • per la cat. 1F una portata utile complessiva di 4 ton (da soddisfare con 1 mezzo) e 1,13 addetti.

    Di fatto servirebbero 2 mezzi e 3 persone per continuare ad effettuare gli stessi trasporti che ora l’azienda compie con 1 persona ed 1 mezzo.

    LA PROROGA DELL’ALBO GESTORI AMBIENTALI

    Unica nota di speranza la si intravede nella iniziativa dell’Albo Gestori Ambientali, con la propria Deliberazione n.4 del 22/12/2020 nel prorogare anche dopo il 31.12.2020 la possibilità di trasportare i rifiuti di cui all’allegato L-quater con le attuali categorie 2-bis e 4, in attesa di definire le modalità di adeguamento dei rispettivi provvedimenti.

    Una piccola consolazione per un intero comparto già colpito gravemente dalla crisi dei trasporti, che si troverà comunque costretto a modifiche (con aggravio di spese), per continuare a svolgere le stesse attività già in essere.

    Si confida che, in tutta questa Babele, ci si ricordi anche dei soggetti iscritti in cat. 5 (trasporto rifiuti pericolosi) che hanno richiesto di includere nella medesima categoria anche i rifiuti non pericolosi, in particolare quelli dell’allegato L-quater, visto che nella delibera succitata non se ne fa menzione alcuna.

    PROSSIMO EVENTO ONLINE

    CLASSIFICAZIONE E CODIFICAZIONE DEI RIFIUTI (TRASMIGRAZIONE DEI RIFIUTI SPECIALI A URBANI)

    14 Gennaio 2021 dalle 16:00 alle 18:30

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  • Articolo n.4 – Il formulario inviato via PEC

    Articolo n.4 – Il formulario inviato via PEC

    Articolo n.4

    IL FORMULARIO INVIATO VIA PEC

    Tempo di lettura: circa 5 minuti

    “IL FORMULARIO INVIATO VIA PEC”

    Chiave di lettura del nuovo articolo 193 comma 4 del D.Lgs. 152/2006 ripercorrendo l’evoluzione della normativa.

    Questa settimana avrei voluto parlarvi di semplificazione.

    Avrei voluto parlarvi di come le amministrazioni del nostro paese siano diventate “smart” e di come finalmente stiano puntando allo snellimento degli adempimenti normativi.

    Avrei voluto parlarvi di digitalizzazione, di come trasformando la carta in dati si possa contribuire a ridurre il consumo di risorse con alternative più comode, rapide ed ecologiche.

    E invece questa settimana mi tocca parlarvi di italiano.

    Eh sì, perché scopriremo come il primo problema della normativa italiana sia proprio…l’italiano.

    E quindi, senza oltremodo indugiare, andiamo ad analizzare il caso di oggi:

    “IL FORMULARIO INVIATO VIA PEC”

    Se nel vostro lavoro avete a che fare con i rifiuti, sicuramente sapete cosa sono i formulari di trasporto (“FIR”) e se avete a che fare con i FIR, sicuramente avete sentito parlare della possibilità di inviare e ricevere la quarta copia di questi tramite Posta Elettronica Certificata (PEC).

    LE METAMORFOSI

    Molti ritengono che tale possibilità sia stata introdotta solo a seguito dell’ultima recentissima modifica al Testo Unico Ambientale (avvenuta con il D.Lgs. 116/2020). In realtà tale facoltà sussiste già dal lontano 2017 e nel tempo è andata incontro a svariate metamorfosi.

    Inizialmente, questa opportunità si era insinuata sordidamente e furtivamente con una nota del Ministero già da luglio 2017 e indicava una procedura di invio e conservazione della IV copia dei FIR.

    Se anche voi siete degli storici mancati o semplicemente curiosi di leggere la suddetta procedura, di seguito un link al sito del ministero:

    https://www.minambiente.it/sites/default/files/archivio/allegati/rifiuti/quesiti_rin_FIR_IV_copia_digitale_15052017.pdf

    Tale opportunità di digitalizzazione, da pochi riscontrata, si è trasformata da larva a solida crisalide quando, con la Legge di Bilancio del 27 dicembre 2017, n. 205 è stato introdotto l’art. 194-bis nel D.Lgs. 152/2006.

    Tale articolo al comma 3 prevedeva che:

    “È consentita la trasmissione della quarta copia del formulario di trasporto dei rifiuti prevista dal comma 2 dell’articolo 193, anche mediante posta elettronica certificata.”

    Il comma risultava lineare nell’enunciare come l’invio della quarta copia del FIR potesse essere effettuato anche tramite PEC senza alcuna procedura specifica in quanto non citava né la precedente nota del ministero né altra particolare indicazione.

    Finalmente il legislatore sembrava essere riuscito ad alleggerire una procedura…a SEMPLIFICARE.

    E così, il 3 settembre 2020, con il D.Lgs. 116 dalla crisalide della modifica introdotta tre anni prima dalla Legge di Bilancio è nata una splendida blatta:

    Sì, perché l’art. 194-bis comma 3 si è trasformato nel vigente art. 193 comma 4:

    4. […] La trasmissione della quarta copia può essere sostituita dall’invio mediante posta elettronica certificata sempre che il trasportatore assicuri la conservazione del documento originale ovvero provveda, successivamente, all’invio dello stesso al produttore. Le copie del formulario devono essere conservate per tre anni.

    PARLIAMO DI ITALIANO

    Come anticipato l’articolo parlerà di italiano e nello specifico del significato della parola OVVERO.

    In italiano due parole con stessa pronuncia, stessa grafia ma diverso significato si chiamano omonime (come riso, venti, mente, etc).

    Purtroppo, “ovvero” rappresenta un caso particolare di omonimia perché non solo ha due significati… ma due significati diametralmente opposti:

    Quando viene usato nel linguaggio comune, “ovvero” assume più spesso una funzione esplicativa, equivale a dire “cioè” o “ossia”.

    Quando viene usato nel linguaggio giuridico, “ovvero” assume più frequentemente una funzione disgiuntiva ed equivale a dire “o” o “oppure”.

    QUESTIONE DI PUNTI DI VISTA

    Ebbene, nel caso particolare dell’art. 194-bis, il legislatore ha scelto di utilizzare proprio la parola “ovvero” e nessuno di noi può affermare con assoluta certezza se volesse attribuirvi il carattere esplicativo o disgiuntivo.

    Certo, considerata l’evidente tendenza a digitalizzare gli adempimenti e l’evoluzione normativa di settore appena raccontata, risulta più logico interpretare “ovvero” con carattere disgiuntivo, tuttavia, tale interpretazione non è universalmente condivisa e alcuni ritengono che il legislatore volesse attribuire ad “ovvero” carattere esplicativo.

    Al dì là di ogni possibile considerazione e interpretazione, vi dimostriamo che all’atto pratico, nulla cambia:

    Se volessimo infatti attribuire ad “ovvero” carattere esplicativo, il trasportare, dopo aver anticipato la quarta copia del FIR tramite PEC, dovrebbe inviare la stessa anche in originale al produttore del rifiuto; ma quali sarebbero i termini per tale invio considerato che la norma non fornisce alcuna indicazione nel merito?

    Estremizzando il concetto potremmo trovarci nella condizione in cui il trasportatore sia legittimato ad inoltrare l’originale della quarta copia del formulario anche dopo tre anni, fermo restando che a quel punto il destino potrebbe essere direttamente il macero visto che i termini previsti per la conservazione della stessa sarebbero scaduti (fermo restando l’obbligo della conservazione dell’originale per quei tre anni).

    Dopo aver ripercorso la storia della normativa di riferimento e aver sviscerato l’interpretabilità di “ovvero”, possiamo trarre la conclusione che la trasmissione della quarta copia del formulario tramite PEC è sostitutiva all’invio della copia originale, a patto che sia garantita la conservazione della stessa da parte del trasportatore per almeno tre anni.

    Il principio cardine ruota proprio attorno alla garanzia che la quarta copia originale del formulario sia conservata e resa disponibile in caso di controllo per almeno 3 anni, indipendentemente dal soggetto che ne ha la custodia.

    Invitandovi a riflettere nel merito, ci auspichiamo che il legislatore scriva le prossime leggi con parole dal significato univoco “ovvero” valuti la possibilità di seguire un corso di italiano.

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  • Articolo n.3 – Come trasformare la cucina di casa in impianto di recupero (preparazione al riutilizzo)

    Articolo n.3 – Come trasformare la cucina di casa in impianto di recupero (preparazione al riutilizzo)

    Articolo n.3

    COME TRASFORMARE LA CUCINA DI CASA IN IMPIANTO DI RECUPERO (PREPARAZIONE AL RIUTILIZZO)

    Tempo di lettura: circa 5 minuti

    Già da dieci anni si continua a parlare di preparazione al riutilizzo.

    Tale definizione compare già nella Direttiva CEE/CEEA/CE 19 novembre 2008, n. 98 e la si trova riportata anche nello schema di gerarchia dei rifiuti.

    Successivamente con il D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205 (Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive) è stata recepita tale definizione in ambito nazionale lasciando ai tempi del nostro fulmineo Ministero stabilire le modalità e il reale significato da attribuire a questa operazione.

    D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205 – Articolo 180-bis – (Riutilizzo di prodotti e preparazione per il riutilizzo dei rifiuti)
    Con uno o più decreti del Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, adottarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono definite le modalità operative per la costituzione e il sostegno di centri e reti accreditati di cui al comma 1, lett. b), ivi compresa la definizione di procedure autorizzative semplificate e di un catalogo esemplificativo di prodotti e rifiuti di prodotti che possono essere sottoposti, rispettivamente, a riutilizzo o a preparazione per il riutilizzo.

    Sono passati già dieci anni e ancora nulla è stato chiaramente definito.

     LE NUMEROSE E FANTASIOSE INTERPRETAZIONI

    Purtroppo, l’intraprendenza delle amministrazioni e di sedicenti esperti non è riuscita a non cogliere una ghiotta occasione per evidenziare l’incontestata eredità dei nostri avi, inventori oltre che santi e navigatori, di conseguenza si sono viste sorgere le più fantasiose interpretazioni ed applicazioni di ciò che di fatto ancora nessuno può dire di conoscere, ovvero l’interpretazione autentica della definizione di preparazione al riutilizzo.

    In piena applicazione del libero arbitrio notiamo amministrazioni che autorizzano tale attività come una vera e propria operazione di recupero, attribuendola ad una delle operazioni di cui all’allegato C (elenco delle operazioni di recupero), spesso mascherandola dietro ad un ormai poliedrico R12.

    LA MIA OPINIONE

    Personalmente sono assolutamente convinto che questa posizione che vede la preparazione al riutilizzo attribuita al contesto del recupero è oltremodo sbagliata e di seguito se ne evidenziano i motivi.

    Per prima cosa, se la comunità europea avesse inteso tale attività come una operazione di recupero, non si sarebbe limitata a darne solo la definizione, ma avrebbe anche integrato l’allegato C con una nuova voce o specificato all’interno di quale di quelle già presenti sarebbe da intendersi ricompresa.

    Il termine riutilizzo difficilmente si sposa con rifiuto (inteso nella sua definizione giuridica – D.lgs. 152/2006), per quest’ultimo le fasi conosciute ed associate sono il recupero, riciclaggio, smaltimento.

    Riutilizzo sia nel termine anglosassone con cui è redatta la norma europea che in quella italiana apre semplicemente al concetto del riuso(ri-utilizzo =usato di nuovo).

    D’altra parte, le operazioni attribuite alla fase di preparazione al riutilizzo sono quelle tipiche che consentono ad un qualsiasi materiale di continuare ad essere adoperato esattamente per l’impiego attribuitogli al suo stato di bene.

    Le operazioni consistenti nella preparazione al riutilizzo sono quelle che comunemente vengono effettuate sui beni per poterli di nuovo usare come peraltro riportato della stessa definizione della Norma: controllo, pulizia e riparazione in modo da poter essere reimpiegati senza altro pretrattamento. Ben si sposano come esempi quelli dell’aggiustaggio della bicicletta rotta, di un elettrodomestico, ovvero il semplice lavaggio di una damigiana sporca.

    Sarebbe assurdo, oltre che pericoloso, creare una aspettativa nell’intendere che queste operazioni rientrino in fasi di recupero, peraltro soggette a preventiva autorizzazione. Come conseguenza anche la lavastoviglie o la lavatrice di casa diventerebbero potenziali impianti di recupero e le massaie incontestate Responsabili Tecnici della Magione.

    DA DOVE PROVIENE TUTTA QUESTA CONFUSIONE?

    Il vero motivo da cui tutto questo pasticcio è nato, a mio avviso, è da attribuirsi all’adozione di un termine che nel parlato quotidiano acquisisce una connotazione diversa da quello del contesto normativo, ovvero rifiuto.

    Mi riferisco ai contenuti stessi della definizione «preparazione per il riutilizzo»: le operazioni di controllo, pulizia e riparazione attraverso cui prodotti o componenti di prodotti diventati rifiuti sono preparati in modo da poter essere reimpiegati senza altro pretrattamento.

    Sono convinto che l’intenzione di chi ha scritto tale definizione sarebbe stata meglio rappresentata in questo modo: («preparazione per il riutilizzo» le operazioni di controllo, pulizia e riparazione attraverso cui prodotti o componenti di prodotti che hanno perso la loro funzione sono preparati in modo da poter essere reimpiegati senza altro pretrattamento).

    CONCLUSIONI

    Di conseguenza potremmo sostenere che la preparazione al riutilizzo è quell’azione senza la quale quel bene o prodotto sarebbe destinato a essere gestito come rifiuto, ma che in forza dell’azione di preparazione, rappresentata da preventive operazioni di controllo, pulizia e riparazione se ne scongiura l’attribuzione poiché viene a mancare il presupposto della volontà o dell’obbligo di disfarsene.

    Questa visione sosterrebbe la mancanza di adozione di quelle azioni che, nel primo caso, dovrebbero costituire un obbligo (registri, formulari, autorizzazioni, ecc.), poiché trovandomi in presenza di rifiuto, gioco forza avrei deciso di disfarmene, intendendo con disfarmene avviarlo a una qualsiasi operazione di recupero o smaltimento.

    Come ovvio immaginare nel caso del riutilizzo non sussiste invece nessuna volontà di disfarsi del bene, tanto più che ho deciso di usarlo ancora (ri-usare), mettendo in atto le azioni che lo ripristino nella sua funzionalità.

    Anche nella disposizione della gerarchia dei rifiuti, si parte con l’intento di evitare la produzione dei rifiuti. Le azioni per perseguire tale risultato sono infatti la prevenzione e la preparazione al riutilizzo, dopo di queste, dal punto C in poi, possiamo ritenere di essere già nel contesto di rifiuto.

    La gestione dei rifiuti avviene nel rispetto della seguente gerarchia:
    a) prevenzione;
    b) preparazione per il riutilizzo;
    c) riciclaggio;
    d) recupero di altro tipo, per esempio il recupero di energia;
    e) smaltimento.

    Di fatto l’accanimento perverso che ci vorrebbe portare a ritenere che qualsiasi bene sia potenzialmente un rifiuto risulta contrario alla politica di riduzione dei rifiuti, pertanto non è dato a comprendere come possa essere sostenibile la posizione che identifica come un rifiuto un qualsiasi bene che con una semplice lavata possa essere ancora utile e utilizzabile.

    Questo classico esempio di estremizzazione nel voler categorizzare qualsiasi operazione non porta certo a risultati apprezzabili, anzi permette ai giuristi di sbizzarrirsi nell’ipotizzare e ritenere coerente l’inclusione di operazioni quotidiane nel contesto di controllo ed autorizzazione nel campo normativo dei rifiuti.

    E INFINE… IL CASO PARTICOLARE!

    Non oso pensare al vicino di casa che ti denuncia mentre stai imbottigliando il vino visto che stai preparando le bottiglie a riuso, oppure del povero tecnico riparatore di elettrodomestici o di automobili che dalla sera alla mattina si vedrà costretto a richiedere una autorizzazione al recupero, fino all’estremizzazione della massaia di casa che prima di fare una lavatrice comunica l’inizio dell’attività alla Provincia di competenza!!!

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  • Articolo n.2 – Lettera di rettifica… Sacra scrittura o enorme sciocchezza?

    Articolo n.2 – Lettera di rettifica… Sacra scrittura o enorme sciocchezza?

    Articolo n.2

    LETTERA DI RETTIFICA… SACRA SCRITTURA O ENORME SCIOCCHEZZA?

    Tempo di lettura: circa 3 minuti

    Sempre più spesso, nel mondo della gestione dei rifiuti, ai Formulari di Trasporto vengono associate lettere di correzione/rettifica.

    Le lettere di correzione/rettifica vengono solitamente rilasciate dai produttori coinvolti nel conferimento rifiuti, allo scopo di correggere errori di compilazione dopo il conferimento all’impianto di destino.

    Tale abitudine, sempre più diffusa, si espleta nelle forme più colorite ed originali: dall’emissione spontanea da parte del produttore, al “ricatto” da parte dell’impianto di destino (il quale minaccia di bloccare il conferimento in mancanza di suddetta autodichiarazione).

    Questa pratica, non solo nella Regione Veneto, è oltremodo radicata e coinvolge tanto il piccolo e medio impianto, quanto la Ditta più blasonata.

    LA NORMA

    Alcuni tecnici e consulenti sostengono di aver raggiunto un ufficioso compromesso con le autorità di controllo e di aver individuato, attraverso questa lettera, un’efficace soluzione per correggere errori di natura formale. A nostro avviso è esattamente l’opposto.

    Considerando infatti l’art. 258 c. 4. del D. Lgs. 152/2006 si evince in maniera univoca il divieto di trasporto rifiuti in presenza di formulario con dati incompleti o inesatti.

    “Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque effettua il trasporto di rifiuti senza il formulario di cui all’articolo 193 o senza i documenti sostitutivi ivi previsti, ovvero riporta nel formulario stesso dati incompleti o inesatti è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da milleseicento euro a diecimila euro. Si applica la pena dell’articolo 483 del codice penale nel caso di trasporto di rifiuti pericolosi.” 

    PERCHÉ NON FARE LE LETTERE DI CORREZIONE

    Una lettera di correzione riferita ad un formulario relativo ad un rifiuto già accettato in impianto, mette in evidenza una chiara irregolarità nel contesto del trasporto, quindi sanzionabile, oltre a evidenziare una chiara connivenza dell’impianto ricevente, al quale parimenti potrebbero essere applicate anche le sanzioni accessorie (organizzazione finalizzata all’illecito profitto).

    A nostro avviso, e come prescrive la norma, il destinatario che riceve un carico accompagnato da un formulario che riporta dati incompleti o inesatti, dovrebbe purtroppo attenersi a respingere il carico.

    Troviamo inoltre che l’adozione di queste lettere di correzione, porti fatalmente ad incrementare il numero di conferimenti corredati da formulari scorretti poiché i produttori, responsabili della compilazione, ritengono di poter sistemare eventuali errori dopo l’arrivo dei rifiuti a destino, omettendo un’adeguata formazione dei propri dipendenti ed evidenziando, purtroppo, una gestione poco accorta.

    Ricordiamo inoltre che tra le prescrizioni riportate nella Delibera Albo n.1 del 23 gennaio 2019, sussiste l’obbligo da parte del Responsabile Tecnico delle imprese iscritte all’Albo Gestori Ambientali, di dare in particolare formazione agli addetti sulla compilazione dei formulari. Fatalmente questo comportamento evidenzia una mancanza di tale condizione.

    INVITO ALLA PRUDENZA

    Il nostro invito dall’astenersi da questa irragionevole pratica, sebbene sostenuto da chiari riferimenti normativi, viene spesso, purtroppo, male accolto dagli impianti e dai produttori/detentori dei rifiuti, ignari di operare in piena difformità normativa.

    In attesa di una disposizione ministeriale che possa consentire il ravvedimento operoso, non ci resta che invitare tutti i gestori a non tollerare errori dalle proprie maestranze e a trasmettere adeguata formazione e responsabilizzazione.

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  • Articolo n.1 – Misteri del trasporto rifiuti da manutenzione

    Articolo n.1 – Misteri del trasporto rifiuti da manutenzione

    Articolo n.1

    MISTERI DEL TRASPORTO RIFIUTI DA MANUTENZIONE

    Uno degli annosi problemi nel contesto della gestione dei rifiuti da manutenzione, riguardava la loro movimentazione dal luogo di produzione al luogo di concentramento (deposito temporaneo).

    LA MANCANZA DI CHIARE INDICAZIONI

    Sono sicuro che molte aziende che stanno leggendo questo articolo hanno avuto, purtroppo, l’amara esperienza di vedersi contestato il trasferimento dei rifiuti generati nei cantieri al loro deposito temporaneo presso la sede operativa, effettuato in assenza di specifici documenti di trasporto, con la conseguenza dell’applicazione della sanzione di cui all’art. 258 (da milleseicento euro a novemilatrecento euro).

    L’incertezza del contesto di gestione di tali rifiuti nasceva da una assoluta mancanza di indicazioni nel merito della loro veicolazione.

    I riferimenti alla gestione dei rifiuti da manutenzione erano contenuti agli articoli 230 e 266 del D.Lgs 152/2006 (nota: l’art. 266 è stato soppresso dal D.Lgs 116/2020). Per entrambi valeva il principio che il luogo di produzione coincidesse con il deposito temporaneo presso la sede del manutentore, tuttavia questi due articoli, pur argomentando nel merito, rispettivamente, dei rifiuti prodotti dalla manutenzione delle infrastrutture (art. 230) e di quelli più genericamente originati da attività manutentive e da assistenza sanitaria (art. 266), non specificavano nulla relativamente alle modalità di trasferimento. Restava quindi il dubbio su quale tipo di documento dovesse accompagnare il carico.

    FORMULARIO O DDT?

    A tale proposito i giuristi hanno speso fiumi di parole (rif. jalisse) discutendo sull’opportunità di emettere comunque un formulario anziché un DDT. Alcuni Enti si sono addirittura prodigati nel pubblicare suggerimenti nei loro siti, pontificando nel merito dell’adozione di modalità di compilazione alternative dei campi riservati alla descrizione del destino dei rifiuti.

    Personalmente sono sempre stato contrario all’adozione di un formulario, ritenendolo improprio per la mancanza di un fondamentale presupposto, ovvero che il materiale prodotto diventava rifiuto solo all’arrivo in deposito, e nel caso dell’art. 230 a seguito di una valutazione nel merito del riuso del prodotto.

    Adottare un formulario con dati inesatti, al controllo di un funzionario troppo zelante, non ci avrebbe risparmiato dalla sanzione del famigerato art. 258.

    LA RICERCA DELLA SOLUZIONE

    Stanchi di questo continuo discutere e infastiditi nel vedere gravati di ingiuste sanzioni gli incolpevoli soggetti trasportatori, abbiamo inviato al Ministero dell’Ambiente una nota, descrivendo nella medesima la nostra visione delle cose ed invitando il Ministero a risponderci nel caso non la ritenesse coerente con lo spirito della Norma.

    Alla nota sono seguiti numerosi solleciti, non vedendo risposta in merito, ma verso la fine di settembre una sorpresa ci aspettava.

    La pubblicazione del D.Lgs 116, pur lasciandoci basiti per la premeditazione con cui si sono imposte regole in danno alla piccola imprenditoria e per la paranoica posizione nel contesto della gestione amministrativa, conteneva anche una piacevole sorpresa. Finalmente le nebbie di Avalon che imperversavano nel contesto del trasporto dei rifiuti da manutenzione si diradavano lasciando posto alla magia della comprensione dell’attività del gestore che come un novello Caronte veniva ripagato col giusto obolo per condurre il rifiuto dalla sponda del cantiere all’Ade del proprio deposito temporaneo anche con il solo DDT.

    Ma la cosa più piacevole è che nella lettura delle modalità descritte agli articoli 190 e 193 troviamo esattamente riproposta la versione da noi suggerita

    Coincidenze? Io non credo…

    Art. 193 – trasporto dei rifiuti

    comma 19: I rifiuti derivanti da attività di manutenzione e piccoli interventi edili, ivi incluse le attività di cui alla legge 25 gennaio 1994, n. 82 (imprese che svolgono attività di pulizia,  di  disinfezione, di disinfestazione, di derattizzazione o di sanificazione) , si considerano prodotti presso l’unità locale, sede o domicilio del soggetto che svolge tali attività.

    Nel caso di quantitativi limitati che non giustificano l’allestimento di un deposito dove è svolta l’attività, il trasporto dal luogo di effettiva produzione alla sede, in alternativa al formulario di identificazione, è accompagnato dal documento di trasporto (DDT) attestante il luogo di effettiva produzione, tipologia e quantità dei materiali, indicando il numero di colli o una stima del peso o volume, il luogo di destinazione.

    comma 20: Per le attività di cui all’articolo 230, commi 1 e 3, con riferimento alla movimentazione del materiale tolto d’opera prodotto, al fine di consentire le opportune valutazioni tecniche e di funzionalità dei materiali riutilizzabili, lo stesso è accompagnato dal documento di trasporto (DDT) attestante il luogo di effettiva produzione, tipologia e quantità dei materiali, indicando il numero di colli o una stima del peso o volume, il luogo di destinazione.

    Art. 190 – Registro cronologico di carico e scarico

    comma 11: I registri relativi ai rifiuti prodotti dalle attività di manutenzione di cui all’articolo 230 possono essere tenuti nel luogo di produzione dei rifiuti, così come definito dal medesimo articolo.

    Per rifiuti prodotti dalle attività di manutenzione di impianti e infrastrutture a rete e degli impianti a queste connessi, i registri possono essere tenuti presso le sedi di coordinamento organizzativo del gestore, o altro centro equivalente, previa comunicazione all’ARPA territorialmente competente ovvero al Registro elettronico nazionale di cui all’articolo 188-bis.

    comma 12: Le informazioni contenute nel registro sono utilizzate anche ai fini della comunicazione annuale al Catasto di cui all’articolo 189.

    comma 13: Le informazioni contenute nel registro sono rese disponibili in qualunque momento all’autorità di controllo che ne faccia richiesta.

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  • Articolo n. Zero – D.Lgs. 152/2006, quali superpoteri servono per sopravvivere

    Articolo n. Zero – D.Lgs. 152/2006, quali superpoteri servono per sopravvivere

    Articolo n. Zero

    D.LGS. 152/2006, QUALI SUPERPOTERI SERVONO PER SOPRAVVIVERE

    Inizia oggi col numero zero la rubrica R.E.A.T.I. a seguito della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale Italiana dell’11 settembre 2020, n. 226 del D.Lgs. Governo 3 settembre 2020, n. 116 (Attuazione della direttiva (UE) 2018/851 che modifica la direttiva 2008/98/CE relativa ai rifiuti e attuazione della direttiva (UE) 2018/852 che modifica la direttiva 1994/62/CE sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio).

    Abbiamo deciso di dare avvio a questa rubrica che ha lo scopo di mettere in evidenza e commentare periodicamente fatti e contenuti di carattere ambientale tramite la pubblicazione nel nostro sito web.

    IL D.LGS. 116/2020

    La pubblicazione del D.Lgs. 116 è a nostro avviso la giusta occasione per tale iniziativa, poiché rappresenta un nuovo punto di partenza dell’epopea della normativa ambientale che vede i suoi albori con il compianto DPR 915/82.

    Rimpiangiamo in effetti la logica e la semplicità di quella prima Norma, che tendeva, tra le altre cose, a regolamentare l’attività delle aziende, peraltro già presenti nel territorio ed operanti in quello che a quel tempo veniva chiamato recupero di materia prima secondaria, in alternativa allo smaltimento.

    Quel primo periodo di relativa semplicità interpretativa, nato sulla spinta dell’esigenza di regolamentare l’imponente sviluppo industriale, e di conseguenza il generarsi di attività (lecite e meno lecite) legate alla gestione dei rifiuti, è stato successivamente turbato dallo sconvolgimento epocale generato dalla tanto discussa entrata “in Europa” distintasi per lo stile prettamente italiano di personalizzare le Norme spesso traducendole in modo maccheronico.

    I “diversamente giovani” che hanno vissuto l’esperienza del “Decreto Ronchi”, nell’attesa dei numerosi decreti attuativi, si sono visti inaspettatamente catapultati nell’innovazione (per così dire) introdotta dal D.Lgs. 152/2006. Decreto imperfetto, confuso e soprattutto responsabile di innumerevoli prenotazioni al Purgatorio a causa della nutrita sequela di improperi generata in particolare dalla vergognosa vicenda del SISTRI.

    La vita non facile del Gestore Ambientale, infarcita da leggine e continue modifiche ai decreti, ha portato a non avere allo stato attuale una Norma armonizzata a cui fare riferimento, provocando non poche difficoltà anche in campo giudiziario per la corretta applicazione del contesto sanzionatorio.

    LA NUOVA VERIFICA DI IDONEITÀ PER RESPONSABILI TECNICI

    Le cattive notizie, però, lo sappiamo, arrivano sempre accompagnate, e su questo aspetto duole rammentare la pericolosa situazione generata dal Comitato Nazionale dell’Albo nell’ organizzare un “nuovo” Sistema di valutazione per i Responsabili Tecnici, annullando con un colpo di spugna l’enorme lavoro di 17 anni, fatto in particolare in Veneto, per creare un Sistema di Formazione oltre che di valutazione per i Responsabili Tecnici, sostituendo all’attività formativa quella di una sterile e discutibile valutazione di preparazione su oltre 4000 domande di cui solo una minima parte pertinenti con l’attività di questa figura che, ricordiamo, in particolare per l’attività di trasporto, è costituita da piccoli imprenditori o padroncini con grandissima esperienza lavorativa, ma ridotta scolarità.

    FINALITÀ DELLA RUBRICA

    Il Decreto 116 in questione, che sarà pienamente efficace dal 26 di settembre, a prima vista sembra scritto con particolare riguardo all’interesse delle società Municipalizzate sfavorendo le piccole e microimprese di trasporto (vedi ad esempio l’introduzione nei rifiuti urbani dei rifiuti non pericolosi generati da attività artigianali commerciali e di servizio…), e le utenze non domestiche che si vedranno applicare la Tassa Rifiuti sull’intera superficie aziendale.

    Il nuovo decreto prevede diverse modifiche alla Parte IV del TUA – Norme in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati ed introduce inoltre modifiche al decreto del Ministro dell’ambiente 8 aprile 2008 “Disciplina dei centri di raccolta dei rifiuti urbani raccolti in modo differenziato”.

    La rubrica prende il via analizzando, in più uscite, le novità introdotte da questo nuovo decreto, riportando osservazioni, commenti e suggerimenti, adottando uno stile semiserio, ma pur sempre consapevole, per superare con serenità e magari con un sorriso le criticità della nostra professione.

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